Monday, July 2, 2012

european summit and proletarians communist - send from PCm Italy

Il Vertice europeo tenutosi a fine giugno, salutato come una vittoria di Italia e Spagna sostenuti dalla Francia e come una sconfitta parziale della Merkel, non può ancora essere considerato un passaggio concreto e importante dei governi europei per fronteggiare in condizioni di maggiore unità la crisi finanziaria che li attraversa. Esso va visto da diversi lati.
Il rapporto tra i diversi paesi europei; il rapporto all'interno dei paesi europei; il quadro generale del rapporto tra governi, proletari e masse popolari in Europa.
Il rapporto tra i diversi paesi europei.
E' chiaro che con la caduta di Sarkozy si è temporaneamente indebolito l'asse franco-tedesco che finora era stato un punto di forza soprattutto per il governo tedesco che tramite questo asse aveva imposto la sua politica. Il cosiddetto “Merkozy” non è riconvertibile a breve in un “Merkhollande”. Questo ha incoraggiato nel Vertice l'azione dei governi italiano e spagnolo nel pretendere un maggiore e meno oneroso sostegno come contropartita alle politiche di rigore che essi stanno sviluppando. In questo senso, effettivamente, i governi spagnolo e italiano hanno ottenuto un risultato sulla carta che è concentrato nei punti del 'meccanismo salva spread' e nel 'Fondo salva Stati', vale a dire un intervento vicino all'automatismo nell'utilizzo e l'accesso a questo Fondo per fronteggiare la speculazione e ricapitalizzare il sostegno al sistema bancario ogni volta che esso fosse in grave difficoltà. Se questo però sarà effettivamente attuato sarà da vedere, perchè nell'accordo le parole “in modo flessibili ed efficace” si prestano ad interpretazioni in cui il bastone di comando è ancora essenzialmente nelle mani della Germania.
Il Vertice ha prodotto anche un'apertura verso gli Eurobond nella forma definita di projetbond che dovrebbero servire a finanziare lavori infrastrutturali, sostanzialmente un piano di crescita fondato quasi esclusivamente su questa voce. Su questo ha pesato il parziale cambiamento di politica del governo Hollande, più vicino all'impostazione Eurobond rispetto al governo Sarkozy. In questo senso la Merkel ha dovuto fare dei passi indietro rispetto ad affermazioni rigide delle settimane scorse. Questo si è riflesso subito sul piano interno in Germania nei movimenti interni al parlamento. Alcuni deputati della maggioranza Merkel si sono dissociati, rimpiazzati da parlamentari dell'opposizione Spd che sostengono la politica approvata dalla Merkel al Vertice. Queste modifiche nei rapporti tra governi è troppo presto per vedere se riflettono dei cambiamenti politici reali.
Il rapporto all'interno dei paesi europei.
All'interno di questi paesi i governo italiano, spagnolo e il nuovo francese hanno segnato un punto a favore nel compattamento delle loro maggioranze parlamentari e anche del loro legame di sistema interno, padroni, banche, ecc., mentre abbiamo già detto che il governo tedesco attraversa ora una fase di minore compattamento interno.
L'Europa nel suo insieme trae un vantaggio da questo passaggio nella contesa generale internazionale perchè dà un segno di maggiore unità interna . Se questo costituisca un segnale verso una maggiore integrazione e unità come blocco è ancora troppo presto per valutarlo.
Il quadro generale del rapporto tra governi, proletari e masse popolari in Europa.
Sotto questo punto di vista il Vertice ha segnato una vittoria della borghesia e un fatto molto negativo per i proletari e le masse popolari.
Come considerazione generale vale quella da noi sostenuta da sempre: nella crisi la borghesia scarica sui proletari e le masse popolari gli effetti di essa per salvaguardare sistema e profitti e i proletari sono vittime sacrificali sull'altare della salvaguardia e ripresa dei profitti. Ogni passo che va in questa direzione indebolisce i proletari e rafforza la borghesia. I proletari non hanno alcun interesse all'uscita della crisi da parte della borghesia, bensì al suo approfondimento perchè l'unica uscita dalla crisi che sia a vantaggio dei proletari è quella che comporta il rovesciamento della borghesia e l'uscita dal capitalismo.
Il Vertice conferma in pieno questa visione. I governi italiano e spagnolo hanno potuto contare sulla forza che gli è venuta dall'essere riusciti a realizzare all'interno quelle cosiddette “riforme” che attaccano a fondo i proletari e le masse popolari.
In Spagna l'unica controtendenza che è emersa nella realtà attuale è la grande lotta dei minatoti delle Asturie, che fronteggiano con una forte resistenza Stato, padroni e governo in un quadro di scontro sociale dal quale sono spariti gli “indignados” e le cosiddette forze di opposizione di sinistra – non va considerata parte di queste, il partito socialista dell'ex Zapatero che ha passato facilmente la mano al nuovo governo perchè ne condivide la politica e gli interessi dei fondo.
In Italia la situazione è ancora peggio che in Spagna. Monti è risultato il vincitore morale e pratico di questo Vertice e il suo peso è dovuto dall'essere riuscito a far passare manovre economiche antioperaie e antipopolari, la strategica riforma delle pensioni e la ancora più strategica riforma del lavoro e attacco all'art. 18. Monti diventa un gigante in Europa grazie al blocco sociale che lo sostiene di padroni, partiti parlamentari e sindacati confederali e grazie alla mancanza di resistenza e rivolta sociale da parte degli operai e delle masse popolari. La vittoria di Monti e dell'Italia al Vertice è la certificazione attuale della sconfitta dell'Italia proletaria che paga, essa sì, con lacrime e sangue il costo della crisi, opponendo ad essa una troppo debole resistenza.
Il passaggio di governo da Berlusconi a Monti è stato salutare per la borghesia e ha ricollocato l'attuale governo dei padroni al Tavolo dei grandi d'Europa con ruolo attivo, mentre è stato tutto il contrario per i proletari e le masse popolari. Al decadimento umano, politico e morale di Berlusconi e del suo governo che hanno manifestato il massimo momento di debolezza per la borghesia nel suo insieme, ha fatto posto un governo forte con le mani libere che ha tradotto in pratica finora il moderno fascismo come dittatura dei tecnici e ha fatto passare senza colpo ferire un'azione del governo che colpisce al cuore la condizione operaia e proletaria, le conquiste realizzate negli anni, e di cui l'art. 18 ne è giustamente un simbolo.
Ogni rafforzamento del governo nella crisi cammina solo sull'indebolimento del proletariato e nella sua mancanza di resistenza sociale e politica.
Il Vertice di Bruxelles incoraggia le borghesie europee ad andare avanti per le loro strade, comunque si chiamino i loro governi e comunque sia la maggioranza che li sostiene. Sono tutti sostanzialmente governi di unità nazionale cioè 'comitati d'affari' e apparati repressivi di Stato.
Il governo Monti incoraggiato dal Vertice prepara per i prossimi giorni una nuova devastante manovra che dietro la formula inglese dello “spending revew” cela i feroci tagli alla greca anche se noi non siamo nelle condizioni della Grecia.
Il nuovo attacco alla sanità, al Pubblico Impiego non sono attacchi settoriali ma un ulteriore anello della trasformazione reazionaria dello Stato e del rapporto Stato-spesa sociale, condizione di vita dei proletari e delle masse.
Se pure pezzi di questa denuncia vengono sviluppati da parte del movimento sindacale e parte della sinistra di opposizione, è il quadro d'insieme della situazione che viene negato, oscurato, annacquato, e di conseguenza, al di là delle parole, non combattuto realmente.
La riforma delle pensioni non doveva passare, la riforma del lavoro e l'attacco all'art. 18 non dovevano passare, la nuova riforma spending revew che si annuncia non deve passare; così come in fabbrica non doveva passare il piano Marchionne e il dilagare del fascismo padronale, né doveva passare l'utilizzo sistematico dello Stato di polizia, delle denunce, gli arresti, le multe, le persecuzioni che colpiscono quotidianamente chi si oppone, dai No Tav ai disoccupati di Taranto, dagli operai immigrati di Basiano ai movimenti sul territorio, per finire agli studenti, agli antifascisti.
Ma tutto questo è finora passato. Governo, padroni e Stato non hanno pagato alcun serio prezzo politico. Per questo la situazione, invece che migliorare, peggiora.
I livelli di coscienza degli operai e delle masse popolari non sono certo cresciuti.
Alcune lotte, lamenti, rabbia, indignazione, astensionismo elettorale testimoniano che un potenziale di lotte e ribellione certo esiste così come esiste una disponibilità dei proletari e delle masse a rispondere con la lotta, e anche con più della lotta, all'attacco frontale di cui sono vittime, ma pesa la mancanza di strumenti anche elementari per una risposta generale.
La mancanza di questi strumenti non dipende principalmente da condizioni oggettive, ma da condizioni soggettive e dalle forme organizzative che tuttora esistono nelle fila del proletariato e delle masse popolari: sindacati saldamente dalla parte del padrone, Cisl, Uil, e sindacati saldamente a difesa dello Stato e dell'interesse generale dei padroni, anche quando hanno contraddizioni con il governo o con singole scelte dei padroni.
Il ruolo della Cgil della Camusso nella marcia devastante dello scaricamento della crisi sui proletari è dannoso quanto e più dei sindacati apertamente dei padroni, perchè esso è volto ad una concertazione dall'esterno che fa da collante decisivo per far passare l'azione di padroni e governo.
Il ruolo ambiguo della Fiom di Landini, con un piede dentro e un piede fuori, resta un anello debole della resistenza operaia e della ripresa della lotta generale necessaria.
L'incomprensione delle forze dell'opposizione sindacale più radicale e dei movimenti della natura e delle forme con cui condurre questo scontro non contribuisce a costruire, nonostante gli sforzi, il punto forte della controffensiva. Non si comprende né si vuole comprendere che per misurarci con padroni, governo, Stato bisogna vincere la lotta tra le due linee e la “guerra civile” nella classe operaia, nei movimenti di massa contro le posizioni e le aggregazioni opportuniste e riformiste di cui sono parte i vari trasformismi della sinistra ex parlamentare, i Casarini, Bernocchi, ecc.
Non è e non deve essere l'unità la bandiera della lotta attuale, ma la lotta per un'unità basata sulla chiarezza della battaglia da fare e della partita in gioco. Serve l'unità dei comunisti ma per un partito autenticamente rivoluzionario in teoria e prassi, serve l'unità per un sindacato di classe e di massa ma andando oltre le forme attuali del sindacalismodi base e della anaomalia FIOM, serve l'unità per un fronte unito proletario e popolare che metta la lotta e il combattimento al centro della sua azione.
Se dovessimo guardare all'esito del Vertice europeo, sul piano oggettivo non potremmo che essere fortemente ottimisti, le soluzioni economiche di questo Vertice non hanno futuro. Come qualcun giustamente segnala, sono soluzioni già avanzate negli Stati Uniti in condizioni che là possono naturalmente funzionare meglio ma che non stanno contenendo la crisi e ne preparano un nuovo sviluppo, sotto certi versi drammatico per l'economia mondiale. L'Europa segue la strada degli USA in condizioni nettamente peggiori e quindi le “storiche” misure approvate nell'ultimo Vertice si riveleranno anche a breve tutte “chiacchiere e distintivo”. Ma chiaramente questo ottimismo ci serve solo per affermare che ci sono tuttora, e in futuro possono crescere, le condizioni perchè i proletari e le masse popolari rispondano adeguatamente. Ogni segnale in questa direzione, qualunque sia il paese da cui provenga, deve essere visto come incitamento e indicazione – vedi l'attuale grande sciopero dei minatori Asturiani, ma anche lo sciopero degli studenti del Quebec, così come le centinaia di focolai presenti in tutti i paesi compreso il nostro.
Il governo Monti marciando lungo la sua strada semina vento e può raccogliere tempesta e ogni passo della sua marcia può essere sempre la 'scintilla che incendia la prateria'.

Proletari comunisti- PCm Italia
3 luglio 2012

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